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3.82/5 (sur 17 notes)

Nationalité : Italie
Né(e) à : Rome , 1974
Biographie :

Igiaba Scego est une écrivaine italienne, d'origine somalienne.

Après ses études en langues et littératures étrangères à l'université La Sapienza de Rome et un doctorat de recherche en pédagogie à l'université Roma Tre, elle s'occupe maintenant d'écriture, de recherche et journalisme, ayant pour thème le dialogue interculturel et la migration. Elle travaille avec de nombreuses revues qui s'occupent de migration, cultures et littératures africaines comme Latinoamerica, Carta, El Ghibli et Migra.

Source : Wikipedia
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VLEEL, Rentrée littéraire Acte 1, 6 éditeurs présentent leur titres de rentrée littéraire 2022


Citations et extraits (6) Ajouter une citation
En réalité, ces femmes se battaient surtout pour elles-mêmes. Leur situation n’était pas meilleure que celle des Noirs. Une femme, certes bien vêtue, était une propriété. Et c’est cette prise de conscience qui avait poussé Betsebea à entrer dans la lutte. Elle, qui avait toujours préféré les chapeaux aux tracts de propagande, embrassa la cause des droits qu’elle ignorait pouvoir revendiquer et y puisa une énergie nouvelle pour continuer à vivre.
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« Il babbuino si sedette su due zampe, la testa rivolta verso est a salutare il sole. Sollevò le zampette libere mostrando un oggetto a forma di luna, lo stringeva nella zampetta destra e lo esibiva come un trofeo.
[…]
"[…] Non sai cosa ho visto ieri sera. Ero sveglio e non sognavo. Se avessi visto quello che ho visto io daresti fine al tuo riso e piangeresti con me."
E Zoppe cominciò a vomitare parole e visioni.
"Intorno a me ieri notte c'era solo morte. Ho visto corpi neri maciullati. Impiccati, case incendiate, mani tagliate, teste decapitate infilzate sulle lance, donne pugnalate, cadaveri oltraggiati, ragazzini legati e trascinati ancora vivi, diaconi fucilati, bambine stuprate. Ho visto sangue, pus, materia cerebrale. E ho visto teste staccate dai loro corpi, poggiate su vassoi d'argento attorniate da gente che rideva. Le teste erano etiopi e le fauci sorridenti erano degli italiani. […]"
[…]
Il babbuino scosse la testa.
"Ma... ma... tu capisci, allora ?"
Zoppe guardò la mezzaluna che l'animale teneva tra le zampette. Fu allora che capì. Quel babbuino non era altro che suo padre, Hagi Safar. Il vecchio aveva rispettato l'appuntamento. » (pp. 150-152)
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« Ieri ho incontrato sul tram una ragazza. Era nera, rasata e con le cosce grosse. Eravamo sul 14, allo svincolo per Porta Maggiore. Mi fissava fin dalla stazione Termini. Ero infastidita dal suo sguardo puntuto. Avrei voluto voltarmi e dirle "Basta". Mischiare la lingua madre all'italiano di Dante e fare una di quelle belle scenate che vivacizzano il viaggiare sui mezzi pubblici di Roma. Avrei voluto essere volgare e debordante. Mi andava una bella scenata, così non avrei più pensato a Lul, a Laabo dhegah, alla strana pace somala. Ma poi la ragazza è stata furba. Mi si è avvicinata lentamente e senza quasi preavviso mi ha sparato la sua domanda : "Sei Adua, vero ? L'attrice ? Io l'ho visto il tuo film". E poi dopo una pausa di quelle studiate ha aggiunto : "Lo sai che fai impressione ?".
Ero sgomenta.
Il mio film ? C'era davvero qualcuno che si ricordava ancora di quel film ? » (p. 12)
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« Ho visto il tuo film.
Ho pianto.
Io non ho mai pianto. Ma vedendo il tuo film ho pianto. Ho fallito in questa vita. Se ti ho permesso la mia stessa umiliazione significa solo che ho fallito. Io non so trattare il prossimo, Adua. » (p. 158)
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2. « - Sai mio marito Roberto proprio non capiva questo nostro amore viscerale per le banane. Mi diceva sempre (ormai però si è abituato) : "Ma questa è frutta, si mangia dopo i pasti, non insieme al piatto principale". Mica si convinceva che per noi la banana è come il pane per loro... e come rido di questo... e come le cose sono facili con una spiegazione. Non credi ?
- Non so.
- Sì, i miei figli mangiano la banana con il piatto principale, nello stesso piatto, ma non rinuncerebbero mai alla loro "tazzulella 'e ccafè"... capisci ? Una cosa non nega l'altra. Capisci ?

Faduma non capiva. Nura Hussein era troppo avanti a lei. La guardò bene come si guardano certi esemplari rari. "Ecco come sono gli integrati", pensò. Sì, gli integrati per Faduma erano come Nura. » (pp. 106-107)
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1. « - Piangere per un gaal ? I gaal ti tradiscono... non ci capiscono... e poi Aisha cara devi sapere che i gaal non muoiono, imputridiscono. La loro carne non è come la nostra, è marcia... segnata dal peccato.
- Sei ingiusta sorella...
- Sono ingiusta ? Quell'uomo ora è cibo per i vermi e il Paradiso non gli aprirà certo le porte. Non era circonciso, non faceva le preghiere... credeva in un Gesù Dio... insomma un soggetto così si merita la mia compassione ? No, bella... ed è ora che lo capisca anche tu come funziona il mondo... qui ci sono i gaal e qui, dalla parte opposta, ci siamo noi. Siamo due mondi non destinati a incontrarci. » (pp. 68-69)
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