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EAN : SIE77402_3769
Presses Universitaires de France (30/11/-1)
3.25/5   2 notes
Résumé :
«Il punto che mi pare renda di grande attualità la ristampa - ora che si conferma un diverso trattamento della sofferenza mentale - di un volume in cui i problemi della chiusura, dell'apertura, del significato dell'istituzione, del lavoro, dei farmaci, della terapeuticità dei rapporti, del rischio della libertà del malato come primo elemento di riduzione del potere del medico, rimbalzano di discussione in discussione nelle assemblee di reparto, in quelle di comunità... >Voir plus
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Critiques, Analyses et Avis (1) Ajouter une critique
Publié en 1967, cet ouvrage de Franco Basaglia et de plusieurs membres de son équipe de Gorizia tente de répondre à une question pas aussi simple qu'il n'y paraît : qu'est-ce que la psychiatrie?
L'édition que je possède (Baldani Castoldi) contient également la préface de Franca Ongaro Basaglia, écrite lors de la republication du recueil en 1997.
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Citations et extraits (18) Voir plus Ajouter une citation
La libertà e la responsabilità che il malato gradualmente acquisice sono infatti strettamente dipendenti da libertà-responsabilità dell'operatore nei suoi confronti. Proveniamo da una cultura che ha condizionato allo stesso modo tutori e tutelati nell'essere carcerieri e carcerati. Quindi lo stesso processo di liberazione e responsabilità vale anche per l'operatore che l'istituzione chiusa e la delega alla custodia di oggetti di scarto avevano completamente deresponsabilizzato. Si ritorna quindi a responsabilizzare operatori, amministratori, famiglia e società rispetto a un problema che il manicomio consentiva di eliminare, nascondere e dimenticare sotto la copertura di una definizione di malattia incurabile per cui niente si poteva fare.
Cio non significa che questo problema diventi - come troppo spesso è accaduto in questi anni di vergognosa latitanza governativa e amministrativa con conseguente assenza di servizi - compito e responsabilità esclusivi della famiglia. Ma vuole significare che se la famiglia è coinvolta dal servizio ai diversi livelli di necessità, malati e familiari, insieme con operatori e amministratori, diventano allo stesso titolo soggetti di un processo di cura e di emancipazione che passa anche attraverso un'assunzione di responsabilità reciproca e un profondo cambio culturale e sociale. Si tratta dunque di un diverso concetto di tutela che non si appropria delle persone, che non imprigiona i corpi, ma tende a un processo di liberazione contemporaneo sia per il tutore che per il tutelato.

(Franca Ongaro Basaglia, Prefazione)
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La psicoterapia, entrata nell'ospedale psichiatrico con il significato di una rivoluzione totale di questa istituzione anacronistica, ne è uscita per tornare nello studio degli psicanalisti o entrare nelle cliniche private. Ma non poteva andare diversamente. Psicoterapeuti che hanno tentato una esperienza attiva in ospedale psichiatrico hanno espresso giudizi pessimistici sulla possibilità di un approccio psicoterapico nell'interno della istituzione psichiatrica ; Rosen considera, per es., l'ospedale psichiatrico come un ambiente dannoso allo schizofrenico ; Sullivan vede questa istituzione "diabolicamente organizzata per rendere il malato incurabile" ; Meerwein indica quanto sia difficile per uno psicoterapeuta fare veramente qualcosa in ospedale psichiatrico. Per non citare che alcuni nomi : tutti coloro che hanno avuto una personale esperienza di psicoterapia delle psicosi sanno che è praticamente impossibile curare un malato nell'interno di una istituzione che nega, con il suo "funzionamento" il significato ed il vero problema della malattia mentale.

(Michele Risso, Presupposti a una psicoterapia istituzionale)
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Come aveva in parte intuito Foucault, la follia, negazione dell'ordine "razionale" della società, è stata negata a sua volta mediante l'espulsione del folle dal corso storico della società ; la follia è stata resa puro oggetto, da esaminare nei laboratori e da gestire attraverso la impersonale e vertiginosa minuzia dei regolamenti manicomiali. Volendo limitarci alle teorie psichiatriche, sarebbe anche interessante chiedersi fino a che punto tre studiosi che possono venir considerati padri della psichiatria moderna abbiano influito negativamente, con le loro teorie, sulla riforma della psichiatria asilare : Kraepelin con il suo determinatismo clinico e col pessimismo sulla prognosi della demenza precoce ; Jaspers con la teoria della "incompatibilità" psicotica, vero muro concettuale frapposto a ogni tentativo di rapporto col malato ; Freud (o i freudiani) in modo più sottile ma forse ancora più nefasto, con la insistenza sulla unicità del sondaggio psicoanalitico come rapporto interpersonale isolato e privilegiato.

(Giovanni Jervis e Lucio Schittar, Storia e politica in psichiatria : alcune proposte di studio)
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Si parla oggi di reparti e di ospedali aperti, di abolizione delle restrizioni fisiche e di qualsiasi forma, anche larvata, di punitività verso i malati di mente ; si parla di un sistema ospedaliero psichiatrico basato sulla massima libertà per i degenti, sul massimo rapporto con la società esterna, sulla fiducia nell'autodisciplina di gruppo, sull'abolizione di ogni atteggiamento coattivo e autoritario ; si parla di superamento della psichiatria manicomiale e di potenziamento della terapia extramurale : ma poi si scopre con un misto di divertimento e di frustrazione che tutte queste cose e questi principi erano stati previsti lucidamente, e anche messi in pratica con realismo, da Conolly prima del 1850.
Già prima dell'epoca illuministica, secondo Schmitz erano esisti centri psichiatrici basati sulla libertà di movimento, sui giochi e sul lavoro : cosi nella Spagna del Quattrocento sotto la dominazione araba. Ma la vera riforma del trattamento asilare nasce come è noto alla fine del Settecento, con Vincenzo Chiarugi e Pinel, e in seguito, nell'Ottocento, con i Tuke e soprattutto con Conolly.

(Giovanni Jervis e Lucio Schittar, Storia e politica in psichiatria : alcune proposte di studio)
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I complessi meccanismi psicologici per cui nella persona "sana" si formano paure, ostilità, desideri di esclusione nei confronti dei malati di mente, non possono venir valutati correttamente se non nei modi in cui tali atteggiamenti e tale aggressività prendono forma e vengono gestiti e rinforzati dalle istituzione sociali. La aggressività per il folle da un lato si lega a una prassi sociale e a una concezione del mondo che ha una precisa radice storica (essa non è riscontrabile in tutte le culture) ; da un altro lato si esplica attraverso canali in cui confluiscono modalità aggressive già presenti nella società.

(Giovanni Jervis e Lucio Schittar, Storia e politica in psichiatria : alcune proposte di studio)
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