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4/5 (sur 1 notes)

Nationalité : Italie
Né(e) à : La Spezia , 1942
Biographie :

Ernesto Venturini est médecin italien, spécialiste en neurologie et en psychiatrie.
Il a travaillé à l'hôpital "ouvert" de Gorizia de 1970 à fin 1972 quand, l'expérience gorizienne étant terminée, il est parti avec d'autres médecins de l'équipe de Basaglia à Trieste. Après avoir contribué à la transformation de l'asile triestin et à sa fermeture, il a dirigé à partir de 1975 un centre de santé mentale dans la province de Trieste.

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Bibliographie de Ernesto Venturini   (1)Voir plus

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Citations et extraits (13) Voir plus Ajouter une citation
STEFANO MISTURA : Il fatto è che si tratta di una battaglia - quella per una psichiatria democratica - che, o viene combattuta con la partecipazione dei lavoratori, delle forze politiche democratiche, dei sindacati, degli amministratori, o si perde irrimediabilmente.

(Nel territorio)
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LUIGI CANCRINI : Lavorando nell'università, cioè nel formare i futuri mediatori, tu operi dunque una scelta importante : puoi continuare a insegnare la psichiatria semplice e chiara da Kraepelin e delle industrie farmaceutiche, una moderna e più o meno brillante ipotesi "riformista", oppure installare dubbi, sete di nuove conoscenze, incertezza e ricerca di nuovi modelli dentro a tutti coloro che funzioneranno, poi, da mediatori della cultura (gli insegnanti, i medici, gli psichiatri...).

(Per una alternativa al sapere psichiatrico)
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FRANCO BASAGLIA : Il vero problema, tuttavia, è un altro : è sapere se Trieste è una situazione isolata o se invece è una situazione inserita in un gioco generale. Il vero problema è capire se Trieste, già oggi, prefigura un qualchecosa di veramente alternativo, oppure no ! Per molto tempo ho pensato che Trieste potesse essere stata anche un errore. Pensavo che, probabilmente, fosse qualche cosa difficile da afferrare e che difettasse di una sua struttura. Poi, invece, mi sono accorto che Trieste aveva un significato che andava molto al di là della stessa linea elaborata, a suo tempo, a Gorizia.

(Dopo l'ospedale nel territorio)
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GINO ACCURSO : Io sono entrato all'ospedale di Gorizia, subito dopo l'arrivo di Basaglia. In quel tempo l'ospedale era chiuso e io, vedendo le persone ricoverate, ritenevo giusto che i matti stessero in manicomio, essendo questo il posto adatto per loro. Sono poi cominciate, mano a mano, le dimissioni, le visite in famiglia e sono sorti anche i primi problemi. Io, in quel periodo, trovavo sbagliato che i malati stessero fuori dall'ospedale e disturbassero la gente. [...] Contemporaneamente pero si stava attuando in ospedale un nuovo tipo di lavoro. Attraverso assemblee e riunioni, si capiva sempre più che le persone rimanevano in ospedale non solo a causa del modo di pensare della popolazione della città, che al limite non conosceva tante cose e che quindi era più giustificabile, ma anche a causa del modo di pensare di noi, che lavoravamo in ospedale. E man mano capivamo che forse era proprio una certe atmosfera cio che impediva alle persone di stare in altri posti che non fossero l'ospedale psichiatrico.
WANDA MUCCIARELLI : D'altra parte, allora, non esisteva un modo diverso di concepire l'ammalato di mente !
GINO ACCURSO : Progressivamente sono cosi maturate in me delle convinzioni completamente nuove... Ho visto che stando fuori, in un atteggiamento diverso, il malato non era molto dissimile da noi. La sua era semplicemente la reazione al fatto che veniva trattato male ovunque : in famiglia, nel lavoro e nello stesso ospedale. [...] Era, per l'appunto, una reazione a tutta l'ostilità che stava intorno ai ricoverati.

(Nell'ospedale psichiatrico)
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FRANCO BASAGLIA : Direi che Trieste è stata la veloce applicazione di cio che avevamo già fatto a Gorizia, ma è stata anche il tentativo di sostituire a tale operazione qualche cosa di più vicino alla nostra ipotesi pratica di superamento del manicomio. Per i rapporti stessi che c'erano con il potere politico, a differenza di Gorizia, la distruzione del dell'ospedale di Trieste non poteva che significare se non la costruzione continua di qualche cosa di alternativo.

(Dopo l'ospedale nel territorio)
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AGOSTINO PIRELLA : Naturalmente si puo sempre dire che ci sono le leggi dell'economia che sovrastano : è vero ! Pero all'interno di un dato sviluppo economico, limitato o distorto, ci puo essere sempre la riappropriazione, da parte dell'uomo, del proprio destino, della propria possibilità di lottare per conoscere e trasformare il mondo...

(Dall'ospedale al territorio)
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Parlare di una psichiatria alternativa vuol dire, in sostanza, esprimere la contraddizione fra due parole antagoniste. La psichiatria infatti non può essere "buona" o "cattiva", "repressiva" o "liberatoria" : essa, nella sua essenza, rappresenta sempre l'atto di rifondazione di una norma, conformemente alle esigenze della organizzazione sociale dominante. In quanto tale, quindi, la psichiatria non può essere alternativa, né a se stessa, né, tanto meno, al potere socioeconomico di cui è emanazione. Ecco perché bisogna parlare, piuttosto, di una alternativa alla psichiatria.

(Per una alternativa al sapere psichiatrico)
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AGOSTINO PIRELLA : Il manicomio non lo si supera con una bella conferenza, con un dibattito interessante (anche se talora può servire !), lo si supera invece con il quotidiano disvelamento pratico dei meccanismi impietosi della violenza, della repressione, dell'omicidio a cui sono sottoposte migliaia di persone.

(Dall'ospedale al territorio)
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FRANCO BASAGLIA : A suo tempo, infatti, abbiamo realizzato che il manicomio è l'espressione più reale di che cosa è la psichiatria. Attraverso il lavoro che facevamo abbiamo capito che il manicomio, nella sua concretezza, esprime non già la psichiatria, come la potevamo intendere o pensare, bensì come essa è nella realtà. Abbiamo realizzato, in sostanza, che la psichiatria era una ideologia e che veniva concretizzata come realtà attraverso il manicomio. Che cosa abbiamo fatto allora? Abbiamo messo in discussione la psichiatria partendo dal suo contenitore : abbiamo messo in discussione il manicomio che, costruito per contenere il folle, era il responsabile della immagine del folle a cui noi eravamo abituati a pensare.

(Dopo l'ospedale nel territorio)
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LUIGI CANCRINI : Credo sia possibile, senz'altro, definire queste operazioni "culturali". Esse aiutano lo studente a uscire dal corso universitario con meno certezze, ma con un aumento ragionevole di margini di dubbio. E questo permette allo studente di confrontarsi in un modo aperto con la realtà, in quanto gli offre quello che oggi è lo strumento fondamentale della ricerca psichiatrica : un dubbio feroce, impaziente, assoluto e la capacità di rendersi conto di come la conoscenza del reale progredisce solo se si evita di codificare troppo presto le cose che vediamo.

(Per una alternativa al sapere psichiatrico)
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