Annunciano di avere ammazzato
milletrecentoventisette persone,
si vantano di averne rovinate
di schianto altre diecimila,
si gloriano di aver distrutto
dighe, industrie
“anche per elevare il morale del popolo”,
di aver sconvolto undici strade:
anacronistici mostri
lo sterminio lo chiamano vittoria.
Non la notte ti opaca ma la nebbia
che da dentro ti invade pur nei giorni
più assolati, se troppo aspri colpi
ti confondono e l’animo si ottunde
pesante, assimilandosi alla terra –
finchè è un lume di gioia, di un successo
lieve, a un rinnovato sangue, riuscita
l’assopito sperare
ripiglia a penetrare il mondo attorno:
come nel buio fervido
le acute radiche dell’eucalipto.
Ho visto vergini madri di venti figlioli
ho visto donne sterili partorire,
non ho visto né servi né padroni
ma fratelli vivi insieme.
I sassi hanno spremuto olio buono
le brughiere pietrose, miele e latte;
fichi dolcissimi sono abbondati.
Prima che i miei occhi appassiscano,
ho visto.