Arsène Lupin et le trésor du diable

Un simpatico mystery di ambientazione scolastica che ha per luogo la Normandia (Rouen) nell'anno 1891. Perfettamente godibile e abbastanza semplice, a parte le frasi idiomatiche, che mi fanno diventare matta ogni volta (“rouler dans la farine”?! Mah! Per fortuna ho il mio sito web di fiducia che mi spaccia le espressioni idiomatiche francesi, altrimenti starei fresca... che vuol dire “sarei nei guai”, così ribatto indietro la palla dei modi di dire :P).

Arsène Lupin qui ha diciassette anni, in piena crisi ormonale e adolescenziale (anche se, va detto, lui è in crisi ormonale anche a quarant'anni), tutto preso da uno dei suoi primi amori ma già con le idee ben chiare su come va la vita. Sfrontato come sempre, con la tendenza di buttarsi in ogni situazione che lo merita a testa bassa, è assolutamente il prototipo ancora in collaudo del Gentleman Cabrioleur dei tempi migliori, ovvero la Belle Époque.

Fra le mani gli è capitata una ricerca del tesoro perduto, nonché un morto del quale c'è da scoprire se è deceduto per una svista o a seguito di premeditazione.

A sorpresa, alla fine ricompare a vent'anni di distanza, in quel di Parigi, mentre ripensa al periodo dei suoi esami scolastici e delle sue prime avventure (amorose e non). E l'articolo giornalistico che fa correre la sua memoria indietro nel tempo è firmato Leblanc (tale Joseph).

L'unica perplessità che mi sento di esporre è il modo in cui è stato interpretato dall'autrice il famoso furto della collana della Regina. Ora, io del racconto che ne fa menzione ho letto sia la versione in lingua originale che la traduzione in italiano, e sono piuttosto sicura di non aver ravvisato in alcun punto della narrazione che tale furto fosse stato commissionato al giovane Arsène (di anni sei) da Théophraste (padre del suddetto). al contrario, viene specificatamente narrato dal cosiddetto cavalier Floriani in visita ai Dreux-Soubise che fu il figlio di Henriette d'Andrésy a decidere, pianificare e portare a compimento il furto del collier de la Reine. Quindi, in più di un'occasione, mi sono chiesta da dove provenisse questa differente versione in cui il padre di Arsène (che al tempo del furto doveva già essere lontano dalla Francia, in fuga in America) non solo chiede al figlio di rubare il gioiello, ma si incarica perfino di smembrarlo e rivendere i pezzi per poi spedire il denaro ricavato alla famiglia (ma chi, Théophraste? Ma quando mai!).