(...) Per un lettore medio come me questo romanzo così denso racconta fondamentalmente, attraverso un narratore extradiegetico e il diario del protagonista (“Scritti sinistri”: sinistri!), la storia di un uomo, Abel Tiffauges, la quale si intreccia sempre più strettamente con quella della Germania ai tempi del nazismo, fino alla catastrofe del ‘45. Che i romanzi di Tournier siano piuttosto filosofici che realistici in senso stretto, lo prova già il semplice fatto che Tiffauges, garagista di incerti natali, riflette e si esprime come Tournier stesso potrebbe riflettere ed esprimersi; cionondimeno molte pagine, come per esempio quelle che descrivono l'esodo delle popolazioni sotto la pressione della minaccia bellica, sono realistiche quanto quelle dei maestri del Realismo
Flaubert o
Zola, testimoniando del lavoro di documentazione dell'autore.
CHI È ABEL TIFFAUGES E QUAL È LA SUA STORIA? A lungo, fin dall'incipit, lo scrittore mantiene il lettore, secondo me un po' furbescamente, nel dubbio che l'erculeo Abel (Abel!) sia nientedimeno che un orco divoratore di bambini, un po' come il protagonista del film “M. Il mostro di Düsseldorf” di
Fritz Lang (1931). In realtà, gradualmente, molto gradualmente, il lettore si rende conto che Abel ama “davvero”, non perversamente, tutto ciò che è tenero e innocente, e quindi gli animali che gli vengono via via affidati e soprattutto i bambini, e amandoli ama tutto di loro, anche la loro “carne”, cioè il corpo: piaghe escrementi cerume peluria, non meno che le voci le risate gli sguardi i movimenti. Per lui tutto ciò che è da poco sbocciato alla vita e ha bisogno di accudimento e protezione è fonte di un godimento che lo coinvolge tutto, anima e corpo, giacché il piacere non si lascia ingabbiare nei soli organi sessuali (elemento su cui Tournier insiste in tutte le sue opere). La sua vocazione di accuditore, se così si può dire (lo scrittore lo definisce spesso “porte-enfant”), di cui egli diviene consapevole via via, nasce dalla sua esperienza di bambino umiliato e solitario fra i tanti altri ospiti di un tetro collegio e rinato in un certo senso grazie alla protezione affettuosa del ragazzo più temuto di tutta la scuola, Nestor, personaggio di cui a dire il vero mi sfuggono alcuni aspetti. Non basta. Fin dal giorno in cui un incendio divampa in collegio come lui aveva desiderato che accadesse, Abel si convince che nella vita lui è guidato da qualcosa di superiore alla sua stessa volontà: nella “sua anima credula e puerile” (cap. “L'orco di Rominten”) lui nutre la convinzione di avere “un destino rettilineo, imperturbabile, inflessibile, che ordina[va] gli avvenimenti mondiali più grandiosi solo in ragione di lui” (cap. Iperborea). (...)
Lien :
https://leletturediannarosa...